STRETCHING E SPORT

8 mar 2021

Avere una buona flessibilità e una buona elasticità muscolare unitamente a una buona mobilità articolare sono caratteristiche che, oltre a giovare sul benessere generale delle persone, può a livello sportivo apportare significativi vantaggi sulla performance sia rendendo a volte più efficiente un gesto tecnico, sia riducendo i rischi di insorgenza di infortuni.

In questo post vogliamo darvi alcuni spunti su come allenare queste caratteristiche, quando è importante dare più enfasi al loro allenamento e quando invece è consigliabile affrontarla in maniera più cauta.

Prima di partire con la descrizione andiamo a valutare quali sono le strutture coinvolte e a definire le tre caratteristiche. Quest’ultime sono spesso confuse e usate come sinonimo: possiamo infatti essere flessibili, ma non elastici. Allo stesso modo limitazioni alla mobilità possono essere date da una contrattura muscolare permanente (retrazione) oppure da un blocco articolare.

L’apparato locomotore è quell’insieme di strutture anatomiche che permettono il movimento. È costituito dalle ossa dello scheletro, dalle giunzioni tra le ossa stesse (articolazioni, capsule articolari), dai muscoli e guaine muscolari (connettivali), dai tendini e dai legamenti. Possiamo quindi distinguere due diversi apparati composti da tessuti con struttura e funzioni diversi:

Apparato muscolo tendineo – muscoli, guaine e tendini

Apparato articolare – legamenti e capsule articolari

Ogni tessuto ha caratteristiche ben distinte e risponde ai vari stimoli in maniera differente. L’apparato muscolo tendineo è adatto per essere allenato per l’elasticità e la flessibilità. L’apparato articolare invece per la mobilità.

Flessibilità: caratteristica definita come la capacità di un muscolo nel rilasciarsi ed allungarsi

Elasticità: caratteristica che indica la capacità di un muscolo nell’allungarsi e nel tornare il più rapidamente possibile alle sue dimensioni originali

Mobilità: caratteristica che indica l’abilità di sapersi muovere in un range articolare ampio mantenendo la stabilità e la capacità di generare forza

Entriamo ora nel dettaglio e andiamo a vedere come allenare la flessibilità e l’elasticità.

Flessibilità ed elasticità vengono solitamente allenate e migliorate con lo STRECHING: attività che prevede l’utilizzo di diverse tipologie di protocolli finalizzati all’allungamento muscolare (verbo dall’inglese to stretch: allungare). Esistono diverse tipologie di questa attività:

STRETCHING PASSIVO STATICO: il più utilizzato e meno traumatico, consiste nell’adottare specifiche posizioni di allungamento fino a sentire un discreto livello di tensione muscolare ma non dolore. Tali posizioni vengono mantenute per circa un minuto, trascorso il quale si rilassa il muscolo coinvolto. L’esercizio viene poi ripetuto almeno altre due volte provando se possibile ad allungare maggiormente.

STRETCHGING FORZATO STATICO: consigliato solo per atleti più avanzati, l’esecuzione è del tutto simile a quello passivo, ma ci si avvale di un aiuto esterno per raggiungere livelli di allungamento maggiore. Essendo questa metodologia tendenzialmente più traumatica rispetto a quella passiva, la consigliamo solo per atleti più avanzati o che richiedono più alti gradi di flessibilità: ballerini, ginnasti, atleti di arti marziali.

STRETCHING ATTIVO DINAMICO: consiste nell’eseguire esercizi in maniera dinamica. Prevedono un continuo gioco di rilassamento e contrazione. Il muscolo viene allungato alla posizione di rilassamento fino a che non si manifesta un ritorno elastico di questo. Inizialmente viene svolto in maniera lenta, poi mano a mano che ci si riscalda sempre più velocemente, ampliando se possibile il range di movimento. Molto utile nel riscaldamento prima dell’attività fisica, consigliamo di eseguire gli esercizi scelti almeno per un minuto.

Come possiamo apprendere dalla loro definizione, le prime due tipologie di stretching sono molto utili per allenare la flessibilità del muscolo. La terza, quella dinamica, invece più finalizzata al miglioramento della elasticità muscolare.

La mobilità articolare può essere invece allenata e migliorata eseguendo in maniera lenta e controllata una serie di ampi movimenti finalizzati ad un maggior sblocco articolare. Esempi tra questi sono torsioni, flessioni e estensioni del capo o del busto e circonduzioni e slanci degli arti. In alternativa o in aggiunta, la propria mobilità articolare può essere migliorata grazie a specifiche tecniche di manipolazione praticate da esperti fisioterapisti o osteopati. Con il loro operato tali esperti possono intervenire su problematiche dell’apparato locomotore quali le retrazioni muscolari, allentandole, spesso causa di ridotta mobilità.

Concludiamo con una riflessione. Da sempre si discute sull’utilità dello stretching: chi lo consiglia prima di svolgere qualsiasi attività fisica. Altri invece lo consigliano al termine dell’attività stessa. Chi invece lo sconsiglia proprio. Come spesso accade non è possibile dare una risposta certa. Occorre infatti sempre contestualizzare l’attività dello stretching in base alla tipologia di esercizio fisico che si sta per affrontare o si è affrontato e soprattutto alle condizioni muscolari dell’atleta. Per esempio, se quest’ultimo presenta una muscolatura tendenzialmente contratta può essere utile ai fini della performance in fase di riscaldamento aggiungere alcuni esercizi di allungamento.

Al contrario atleti con muscolatura molto lassa potrebbero vedere diminuire la loro capacità contrattile e andare incontro così ad un notevole calo delle prestazioni. Eseguito dopo l’attività fisica può accelerare il recupero muscolare, riducendo l’insorgenza degli stati dolorosi. Può infine essere un’attività sconsigliata a fine allenamento se dopo protocolli di forza e ipertrofia o in caso di muscolatura esaurita.


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